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da “La banda del Calzino Nero

Francesca Campora

Tra le righe della letteratura per l’infanzia, incontriamo spunti di riflessione per noi adulti. Soprattutto per noi adulti, che abbiamo il delicato compito di dare esempi, concreti e credibili.

Nel capitolo ottavo de “La banda del calzino nero”, secondo volume della geniale scrittrice polacca Justyna Bednarek, i nostri eroi – i calzini che dal fondo della cesta della biancheria sporca scappano per cercare il loro posto nel mondo, il che spiega finalmente il quotidiano e universale mistero  dei calzini spaiati – approdano su un’isola pieni di echi…

…chi non si riconosce perduto è!

[…] E quando ebbero raggiunto la riva ed ebbero legato la barchetta a una palma che cresceva sulla spiaggia sabbiosa, cominciarono a guardarsi intorno. L’isola era magnifica. Tra le orchidee variopinte gironzolavano simpaticissimi ricci verdi. Dai rami degli eucalipti si dondolavano pipistrelli a pois. A parte questo, non si vedeva anima viva. E tuttavia, tra i ciuffi d’erba, qualcosa luccicava e sembrava che parlasse. I calzini, incuriosito, cominciarono ad avvicinarsi di soppiatto. Ed ecco cosa riuscirono a sentire.

«Quando torni a casa?» stava dicendo qualcuno.

«Tra due ore» rispose un altro.

«Uuuh, così tardi? Mi manchi, tesoro».

«La gallina l’hai comprata?»

«Sì. Quello, di tesoro, ce l’ho già. Adesso dobbiamo solo aspettare che ci deponga un ovetto!»

Eccetera, eccetera.

Il Calzino Nero fu il primo a mettere la testa fuori dall’erba. E ricadde subito di peso sul didietro per lo stupore. Nella radura stavano (o – se preferite – sedevano) alcune centinaia di smartphone. E tutti parlavano, parlavano. Non stop.

«E allora lui, capisci, mi ha detto…»

«Al che gli faccio, in vita mia non mangerò mai i cavoletti di Bruxelles!»

«E la gallina raspa e basta!»

Per prima balzò nella radura Lamponcina de Fragolis.

«Salve» gridò.

E il coro di smartphone gridò in risposta:

«Onore al lavoro!»

«Chi siete?» chiese poi Lamponcina.

«Siamo i custodi del tempo perduto e delle occasioni perdute».

«Molto interessante» borbottò Pallido Niko con l’aria di qualcuno a cui non importa un fico secco.

«E come li custodite?» domandò il Calzino Nero.

«Con delle speciali applicazioni». Un telefono si avvicinò ai calzini, e sul suo display scintillò l’icona di un orologio. «Ci permettono di registrare le occasioni che i nostri proprietari non hanno colto perché fissavano lo schermo del telefono. Volete vedere?»

Il display dello smartphone scintillò di nuovo. I calzini videro l’interno di un autobus. Di fronte a loro sedevano una ragazza e un ragazzo. Erano entrambi impegnati a scrivere qualcosa sui telefoni.

«Vedete» disse lo smartphone, «avrebbero tutti e due una gran voglia di conoscere qualcuno di carino, di andarci a passeggiare o di prendere un gelato. Se alzassero lo sguardo, si innamorerebbero in un attimo, e poi si sposerebbero e avrebbero quattro bambini, lavatrici, vacanze e mutui. Ma purtroppo finora non l’hanno fatto e continuano ad andare sugli autobus da soli. E guardate qua!».

Partì un altro video: questa volta si trattava dell’interno di una casa. Il Calzino Nero e Pallido Niko si chinarono sullo smartphone. Un momento, ma quel posto lo conoscevano! Ma sì, era la casa della piccola Be! Nel video la bambina tirava la Mamma per una manica e provava a dirle qualcosa. Ma la Mamma non ascoltava. Era seduta con il telefono in mano e leggeva un’intervista nella quale una stella del cinema diceva che cosa pensava della modificazione genetica dei pomodori.

«La povera donna non immagina che sua figlia ha appena inventato la favola più fantastica del mondo, un vero prodigio! Ma non si ripeterà più…» Lo smartphone mandò uno scintillio drammatico.

«E guardate qua!»

E fece partire in terzo video per i calzini. Rappresentava una signora anziana con uno chignon che fotografava accanitamente fiori, palazzi, nuvole. Accanto le trotterellava il nipotino e un bastardino le correva dietro.

«Commette gli stessi errori! Tra qualche anno il bambino sarà ormai grande e il cagnolino volerà nel paradiso dei cani. La nonna vorrà ricordare com’era quando andavano in vacanza insieme. Ma non ci riuscirà. Perché era impegnata a scattare foto di non so che palazzi. La gente ha smesso di prestare attenzione a ciò che la meriterebbe. Perciò custodiamo tutti questi momenti e occasioni perduti. Anche se lo smartphone della nonna fotografava solo monumenti, lì accanto c’era sempre un altro telefono che immortalava anche lei, il nipotino e il cane. Adesso siamo talmente tanti che in ogni istante il mondo viene fotografato e registrato. Ogni immagine e ogni parola pronunciata. Noi custodiamo tutto questo». […]

Da “La banda del Calzino Nero, Justyna Bednarek e Daniel de Latour, Salani – 2020”

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